Da anni mi ponevo una domanda semplice ma profonda:
In cosa è giusto investire per un imprenditore, per una piccola azienda che opera nell’indotto del turismo?
Non cercavo una risposta di comodo, né un’opportunità di guadagno rapido.
Cercavo un progetto che generasse valore nel tempo, che potesse lasciare un segno e allo stesso tempo restituire qualcosa al territorio.
La risposta è arrivata lentamente, prendendo forma nella mente prima ancora che sulla carta:
Investire in un progetto territoriale, capace di arricchire la località di destinazione, creando qualcosa di bello, identitario, radicato e condiviso.
Nel 2016 mi trovavo a Oxford.
Da tempo cercavo un’intuizione forte, qualcosa che potesse unire identità, funzione e bellezza.
Per errore prenotai al Gees, un piccolo ristorante con una veranda in stile serra liberty.
Era un ambiente semplice ma vibrante, pieno di atmosfera, luce, trasparenza.
Un luogo capace di trasmettere un senso di pace, eleganza e intimità contemporanea.
Uscendo dissi a Elisa, la mia compagna:
“E se fosse proprio questa la giusta ispirazione? Una struttura che richiami le serre: connesse alla mia storia familiare, simboliche per Cavallino e legate alla rinascita agricola dopo l’alluvione del ’67. Potrebbe diventare un’architettura contemporanea, ma profondamente nostra.”
Tornato in Italia, organizzai un laboratorio informale di visione. Coinvolsi le persone più propositive intorno a me:
Elisa Fratter, Stefano Zanella, Teresa Colombara, Francesco Angiolin, talvolta affiancati da Eros Grandin, con la facilitazione del mio performer coach Leonardo Milan.
Fu un periodo intenso, fatto di confronti, immagini, pensieri, tentativi.
Dopo circa un anno, avviai l’acquisizione del terreno, affidando la trattativa a Giovanni Mercuri, tecnico e amico fidato.
In seguito a due bocciature dalla Soprintendenza, e a una delusione progettuale, decisi di prendere in mano il concept architettonico in prima persona.
Era fine agosto. L’obiettivo era consegnare il progetto per inizio ottobre.
Durante una notte insonne, tracciando linee su un foglio, nacque il primo schizzo:
una struttura con una facciata che ospitava una forma ad albero decentrata, dalla quale si generavano lateralmente due volumi simili a piccole serre.
Non ne capivo ancora pienamente il perché, ma quella soluzione risolveva il nodo dell’orientamento del lotto e creava una forma viva, flessibile, organica.
Il giorno dopo lo presentai al gruppo: capimmo subito che era quella la direzione giusta.
Ricostruimmo il team attorno a questo nucleo creativo: oltre a me, c’erano Samuela una visual artist, Elisa Fratter, Sergio Muraro, e altri membri del primo laboratorio.
Con Susanna Dei Rossi creammo il materiale per partecipare al bando Disegni+, vincendolo. E registrammo il concept come modello architettonico innovativo presso EUIPO.
La forma ad “L” divenne simbolo di apertura, come due braccia che accolgono.
La struttura si ispira a elementi naturali e del territorio:
Il tronco del pino marittimo di via Fausta
Il ferro che connette
Il legno carbonizzato, richiamo alla catramina delle briccole
Le tamerici, che resistono a tutto
Per me, la serra non è solo una forma.
È memoria, rinascita, trasparenza, autenticità.
Un’architettura che non ostenta, ma racconta.
“Ho voluto creare qualcosa che nella sua umile semplicità esprima contenuti veri, profondi. Le serre sono state strumento di rinascita per Cavallino dopo l’alluvione del ’67. Questa è la mia forma di gratitudine e di continuità.”
…una destinazione esperienziale.
Un luogo vivo, flessibile, connesso con la comunità e con l’ambiente.
Un progetto che parte da un’idea, passa per una notte d’agosto, e arriva a essere un simbolo di ospitalità contemporanea.
Stefano Enzo
Fondatore e ideatore di Mangiastorie
Presidente Linea di Costa srl